Il Fascismo Immenso e Rosso


20.00


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Informazioni aggiuntive

Editore

Giano Accame

Data

15/09/2021

Collana

Segmenti

Pagine

312

Dimensione

148,5 x 210 x 23

Dorso

Brossura

ISBN

9781907847615

Formato

Libro

Altro

Marcello De Angelis (introduzione)

Descrizione

Al centro di questo libro sta una interpretazione del fascismo che, pur condotta con scrupolo scientifico, non è puramente catalogatoria di un fenomeno del passato. Ha una precisa funzione pratica: quella di fornire alla «destra» le categorie culturali di un nuovo protagonismo per uscire dal lungo letargo in cui la politica italiana è caduta con la crisi delle ideologie.

La riflessione di Giano Accame ha inizio dal novembre 1956, quando già «figlio del Sole» si allontanò dal Msi durante il tempestoso congresso di Milano.

L’analisi di Accame raggiunge i caratteri di una sfida allorché registra: «Insomma, non solo il fascismo, ma anche il socialismo quando arriva al potere tende ad andare al di là della destra e della sinistra, recuperando, e per certi aspetti esasperando valori, differenze, difetti abitualmente etichettati di destra». Con la trasgressione, con l’eresia. Il fascismo, come ideologia aperta, è un fascio di eresie.

I saggi di Accame pongono alla destra politica questo interrogativo di fondo: con quali categorie intende affrontare l’interpretazione del nostro tempo? Con i vecchi schemi sanguinolenti della guerra civile? No davvero! Allora con gli schemini della topografia parlamentare, da cui ancora esce come conformistico suggerimento una sorta di contrapposizione obbligata fra destra e sinistra? Nemmeno. Perché non raccogliere allora ed attualizzare in un nuovo rapporto di civiltà e libertà, quella che fu la grande vocazione fascista proprio al superamento della destra e della sinistra, alla saldatura dell’elemento sociale con il nazionale?

Ma siccome in politica non si può mai correre troppo, se si vuole essere intesi e seguiti, anche la prospettiva minore indicata da Accame non va trascurata. Quella di limitarsi per ora ad un primo cauto, civile dibattito su delle tesi che possono avere comunque «l’effetto di ridurre le distanze psicologiche, le diffidenze e avversioni che dividono fra di loro milioni di italiani». Se anche solo se ne ricavasse «un’Italia meno lacerata, meno nevrotica, più tollerante, più capace di comprendere se stessa e le parti che la compongono», il risultato sarebbe apprezzabile.